Perché fare Business Coaching – Intervista a un Amministratore Delegato

«Quando accompagni te stesso a diventare chi sei ecco che poi fai lo stesso anche per gli altri e la piena realizzazione diventa l’unica conseguenza» N. Quagliarella

Sto accompagnando una laureanda dell’Università di Pisa in una tesi sull’apporto che la metodologia del coaching può dare rispetto alla teoria del coinvolgimento lavorativo (work engagement). Per dimostrare nella pratica i contenuti esposti ha intervistato un mio Coachee di Business Coaching che in questo contesto chiamerò Marco per una questione di privacy.

Riporto l’intervista nella sua totalità, fiduciosa che possa offrire spunti affinché sia l’Essere, l’autenticità, la verità di ciascuno, e non l’apparire con le diverse maschere, a dominare qualsiasi ruolo. Ringrazio entrambi per questa preziosa opportunità.

  • Le chiedo una breve descrizione del suo profilo professionale:

Sono Marco, amministratore delegato di un’azienda con 400 collaboratori circa. Ricopro questo ruolo dal 2010, occupandomi della gestione, dalla parte finance fino alla produzione.

  • Ad un certo punto della sua storia professionale ha deciso di rivolgersi ad un coach. Perché fare Business Coaching?

Ciò che mi ha spinto a cercare un coach è stato il fatto di dover prendere delle decisioni importanti riguardo il business. Avevo bisogno di un riferimento esterno per individuare razionalmente le mie volontà e dare ordine ai pensieri. In realtà, per come si è evoluto, il percorso è risultato molto più interessante e formativo. Ha fatto emergere una parte del mio essere imprenditore/dirigente che non conoscevo.

  • Com’è stato il primo approccio con il coach? Ricorda quali sensazioni o emozioni ha provato?

Premetto che mi era già capitato di partecipare a sessioni di coaching su iniziativa dell’azienda madre, ma si era trattato di percorsi molto strutturati, focalizzati, in cui si andava a lavorare su problematiche specifiche riguardanti determinati reparti o funzioni. Quindi, viste le precedenti esperienze, mi aspettavo una situazione simile, fatta di sedute un po’ asettiche in cui il coach ti dice, in sostanza, come comportarti. Questo mi rendeva abbastanza diffidente proprio perché avevo già sperimentato che un conto è dire, cioè sapere come ci si deve comportare, un altro conto è trovarsi davvero nelle situazioni. In questi casi si ha a che fare con tutta una serie di emozioni e convinzioni che offuscano la razionalità.

Al contrario, nell’ambito del percorso di coaching che ho svolto privatamente e individualmente, si è lavorato prima di tutto sulla mia interiorità, sul lato “sentimentale” legato al lavoro. Su ciò che ritenevo importante per svolgere le mie attività in maniera serena, efficiente, efficace, sul grado di convinzione alla base delle mie scelte. In fin dei conti sono queste ultime a determinare l’operatività del lavoro, e se si è consapevoli e convinti delle proprie scelte non si fa alcuna fatica a portarle avanti. Diverso sarebbe stato dovermi comportare seguendo le istruzioni di qualcun altro. Dunque, la diffidenza iniziale è stata accolta e ben gestita dalla coach e a maggior ragione si è creato pian piano un rapporto aperto e fiduciario che mi ha permesso di far luce su aspetti mai presi in considerazione prima.

  • Qual era all’epoca la sua situazione? Ce la descriva:

Come ho già detto avevo delle decisioni importanti da prendere. Si trattava di un momento cruciale della mia vita lavorativa. Questo aveva creato in me una sorta di blocco, di indecisione, di confusione.

  • Qual era invece lo stato desiderato? Ce ne parli:

Desideravo capire quale dovesse essere la mia scelta e prenderla in maniera consapevole. Non volevo solo intraprendere la strada più conveniente, ma quella giusta per me. Oggi posso dire di essere riuscito nel mio intento intraprendendo una “terza via” che all’epoca non avrei immaginato.

  • Quali azioni aveva tentato prima di rivolgersi alla coach? Che risultati avevano prodotto?

Avevo parlato della mia situazione con altri professionisti, come consulenti, avvocati, commercialisti, notai. Con loro mi ero confrontato sui temi del business e sui vari scenari possibili. Tutti quei discorsi, però, erano totalmente incentrati sul lato della convenienza, dell’opportunità, dell’evoluzione del business. Insomma, erano discorsi basati solo su dati, numeri, elementi oggettivi.

Il risultato è che conoscevo perfettamente la situazione dal punto di vista economico, con tutti gli eventuali scenari, ma non avevo ancora individuato quale fosse la mia scelta. Non avevo consapevolizzato quella più giusta per me, e non solo dettata da una convenienza economica.

  • Cosa le ha consigliato la sua coach?

La coach non mi ha mai consigliato nulla; piuttosto mi faceva da specchio. E’ stato quello il suo più grande contributo. In pratica io arrivavo con delle situazioni, dei problemi, che via via riconsideravo da nuove angolature mettendo in luce degli aspetti che io non avevo riconosciuto. Aspetti che nella maggior parte dei casi riguardavano le mie convinzioni.

Allora ho iniziato a rendermi conto che dietro c’era dell’altro, che ero troppo coinvolto emotivamente. Ecco, la coach mi ha fatto da contraltare, mi ha aiutato a svuotare quelle situazioni di tutte le emozioni e le convinzioni paralizzanti con cui le avevo caricate.

  • Cosa le impediva di raggiungere i suoi obiettivi professionali?

Il mio obiettivo, come detto, era fare la scelta non solo più conveniente, ma giusta per me. Ciò che me lo impediva era il fatto che la scelta emersa come più conveniente non mi convinceva fino in fondo. Non rispecchiava del tutto quello che io avrei voluto fare nella vita, i miei valori. Insomma non la sentivo del tutto mia, sebbene non ci fossero elementi oggettivi per poterla accantonare.

  • Quali risorse e quali risposte ha trovato dentro di sé?

Dopo tanti giri e tanti voli, tante convinzioni limitanti che puntualmente riuscivamo a smascherare, sono arrivato alla conclusione che quello che volevo davvero era fare azienda in un modo diverso, divertendomi e mettendo al centro il benessere mio e delle persone che lavorano con me.

  • Quali azioni ha intrapreso, allora? Che risultati hanno prodotto?

Oggi mi diverto, progetto iniziative per la motivazione e lo sviluppo delle persone. Lavoro sulla squadra con il duplice obiettivo di accrescere le linee interne di produzione, ma anche di fare di quest’azienda un modello esemplare dal punto di vista del benessere. E questo secondo me non vuol dire solo più welfare, quindi l’assicurazione sanitaria aziendale, la mensa pagata, e via dicendo. Il benessere non è solo questo, ma significa piuttosto quanto le persone stanno bene in azienda e stanno bene tra di loro.

Significa innescare dei meccanismi che vadano oltre il semplice rapporto di lavoro, innescare delle situazioni dove ci si possa conoscere oltre l’ambiente di lavoro. Fare team building, non per i pochi capi reparto, ma coinvolgendo tutta la squadra. Chiaramente questa non è una cosa semplicissima perché richiede impegno, pianificazione, accordo con la capogruppo, investimento economico. Però questo fa sì che le persone che lavorano in azienda si conoscano e addirittura vogliano frequentarsi anche al di fuori del lavoro. Sempre più spesso vengo a sapere di cene, incontri, aperitivi, organizzati in autonomia dai lavoratori e questo è un bene perché si riflette positivamente anche sul lavoro.

Non è una questione di felicità, perché è chiaro che sul lavoro ci sono anche momenti o situazioni di tensione.

Però quello che osservo quotidianamente è che le persone che hanno dei rapporti aldilà dei ruoli professionali, che si conoscono meglio, lavorano meglio insieme. C’è uno scambio continuo di esperienze ma anche di esigenze. C’è la possibilità di un dialogo, di un confronto, ci si ascolta di più.

Il mio obiettivo, oggi, è riuscire a trasferire all’interno di una multinazionale dei meccanismi che a volte nelle grandi aziende si perdono un po’ di vista. Ad esempio si fa coaching ai responsabili, ti insegnano a gestire le situazioni, il tempo, i conflitti, tutte cose utilissime ma affrontate tralasciando “il cuore”.

Quando invece il cuore si riesce a portarlo in azienda è tutta un’altra cosa.

Per quanto riguarda il mio rapporto con i collaboratori credo si sia evoluto. Io stesso partecipo regolarmente a tutte le attività che propongo e questo è fondamentale perché contribuisce a far crescere quel rapporto personale di cui dicevo. Oltre la conoscenza però è importante la consapevolezza. Ad esempio abbiamo organizzato dei seminari per oltre 100 operai proprio per diffondere l’idea che non c’è tanta differenza tra scalare le montagne e produrre un qualcosa. Il punto è come si fanno le cose, e se un lavoro viene svolto con impegno e passione allora cambia tutto. C’è motivazione, c’è voglia di fare, voglia di migliorare e si passa all’istante da lavoratori a realizzatori di sogni. Perché oggi è così che si definiscono i nostri collaboratori.

Insomma nel nostro settore, ma io credo in qualsiasi settore, è fondamentale che le persone siano consapevoli di quello che fanno e di quanto è importante il loro contributo. Poi è chiaro che il riconoscimento economico ha un suo peso, e non a caso si è messo a punto un valido sistema premiante. Anche se a mio avviso da solo questo non è sufficiente, come pure il riconoscimento personale da solo non basterebbe: ci vogliono tutti e due, nella giusta misura.

Infine significativa è anche la formazione.

Ad esempio nella nostra azienda abbiamo strutturato un’accademia interna proprio per sviluppare il know-how dei lavoratori e la loro professionalità. Spesso le aziende non investono in formazione per paura che le persone prima o poi vadano via spendendo altrove la professionalità acquisita. Ma questo fa parte del gioco e a mio avviso non può rappresentare un deterrente. E’ necessario piuttosto formare le persone e parimenti offrire loro validi motivi per restare.

Quindi tutti questi elementi mettono in atto un circolo virtuoso che poi si riflette nelle performance di elevato livello, nella riduzione dell’assenteismo, nell’incremento dei risultati di business.

Circolo virtuoso che mi piace innescare ed alimentare ogni giorno e oggi più che mai so come farlo.

Ecco perché fare Business Coaching.

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